18 set 2010
Un pranzo a Stresa dipinto dalle parole di Roger Glover dei Deep Purple
L'ultimo articolo pubblicato sul sito ufficiale di Roger Glover, produttore discografico britannico noto soprattutto per essere il bassista dei Deep Purple, è una breve e poetica descrizione delle persone sedute ai tavoli di un imprecisato ristorante qui a Stresa, il giorno prima dell'inizio del tour estivo italiano. La band era infatti già in Italia, ospite per qualche giorno nell'hotel a cinque stelle Villa Aminta. Ecco la traduzione del racconto:
Stresa, 21 luglio 2010.
L'occasione; pranzo in un ristorantino seminascosto, sotto un tetto di tralci di vite, lingue di sole che si intrufolano e rischiarano a tratti la dozzina o giù di lì di clienti - un gruppo a caso di personaggi: turisti, gente locale, soprattutto coppie. E' un ristorante a conduzione famigliare, camerieri veloci ed efficenti, sicuri di sé mentre distribuiscono ceste di pane e menù con mani esperte e sorrisi frutto di anni attorno ai tavoli.
I commensali e le loro vite segrete; giovani e vecchi, grassi e magri, pance, camicie, vestitini estivi, parole sussurrate, ogni tanto una risata.
Un ragazzino, non ancora completamente a proprio agio con se stesso, si guarda in giro con occhiate veloci, mettendosi a confronto con chi gli sta attorno. Lui e la sua fidanzatina, ancora un po' paffuta dall'adolescenza, mangiano in tutta fretta e se ne vanno, inciampando entrambi nello stesso gradino, girandosi assieme indietro con sguardo accusatorio verso l'ostacolo comune.
Due ragazzi con occhiali da sole alla moda e jeans costosi, ignorando o dimenticandosi completamente le buone maniere a tavola, gesticolano l'uno con l'altro, invadendo i propri spazi reciproci.
Una mamma materna seduta in modo formale con la figlia giovane e magra in un vestitino semi trasparente che fa pensare al sesso che forse ha in programma per dopo.
Una coppia vicina ai quaranta, lei bellissima nella sua pelle olivastra con un minimo accenno di vecchiaia che le segna i lineamenti aquilini, il compagno dall'aria comune troppo concentrato su di lei, incollato a lei - forse non ha ancora fatto colpo.
Un'altra coppia, più avanti negli anni, l'interesse l'uno per l'altra è ormai svanito, sono seduti in relativo silenzio, l'amore ormai mutato in sana e comoda routine.
Io non sono né uno del luogo, né un turista, solo un musicista di passaggio, e quindi in fondo un po' entrambe le cose. Sto leggendo Aravind Adiga e il suo stile di scrittura a flusso continuo influisce sulle mie osservazioni discrete, visto che sto passando al setaccio più del solito i dettagli infiniti di quello che mi circonda.
Chi sono io per loro? Un uomo di età non precisata, capelli lunghi, cappellino, sta mangiando da solo, sembra felice e sta facendo un pranzo rilassato, legge un libro tenuto aperto da un piatto vuoto al rovescio, presto si alzerà e si avventurerà nell'abbacinante sole italiano con lo stomaco pieno e la testa appesantita dal vino rosso, verso la sua vita segreta.
Roger Glover
Stresa, 21 luglio 2010.
L'occasione; pranzo in un ristorantino seminascosto, sotto un tetto di tralci di vite, lingue di sole che si intrufolano e rischiarano a tratti la dozzina o giù di lì di clienti - un gruppo a caso di personaggi: turisti, gente locale, soprattutto coppie. E' un ristorante a conduzione famigliare, camerieri veloci ed efficenti, sicuri di sé mentre distribuiscono ceste di pane e menù con mani esperte e sorrisi frutto di anni attorno ai tavoli.
I commensali e le loro vite segrete; giovani e vecchi, grassi e magri, pance, camicie, vestitini estivi, parole sussurrate, ogni tanto una risata.
Un ragazzino, non ancora completamente a proprio agio con se stesso, si guarda in giro con occhiate veloci, mettendosi a confronto con chi gli sta attorno. Lui e la sua fidanzatina, ancora un po' paffuta dall'adolescenza, mangiano in tutta fretta e se ne vanno, inciampando entrambi nello stesso gradino, girandosi assieme indietro con sguardo accusatorio verso l'ostacolo comune.
Due ragazzi con occhiali da sole alla moda e jeans costosi, ignorando o dimenticandosi completamente le buone maniere a tavola, gesticolano l'uno con l'altro, invadendo i propri spazi reciproci.
Una mamma materna seduta in modo formale con la figlia giovane e magra in un vestitino semi trasparente che fa pensare al sesso che forse ha in programma per dopo.
Una coppia vicina ai quaranta, lei bellissima nella sua pelle olivastra con un minimo accenno di vecchiaia che le segna i lineamenti aquilini, il compagno dall'aria comune troppo concentrato su di lei, incollato a lei - forse non ha ancora fatto colpo.
Un'altra coppia, più avanti negli anni, l'interesse l'uno per l'altra è ormai svanito, sono seduti in relativo silenzio, l'amore ormai mutato in sana e comoda routine.
Io non sono né uno del luogo, né un turista, solo un musicista di passaggio, e quindi in fondo un po' entrambe le cose. Sto leggendo Aravind Adiga e il suo stile di scrittura a flusso continuo influisce sulle mie osservazioni discrete, visto che sto passando al setaccio più del solito i dettagli infiniti di quello che mi circonda.
Chi sono io per loro? Un uomo di età non precisata, capelli lunghi, cappellino, sta mangiando da solo, sembra felice e sta facendo un pranzo rilassato, legge un libro tenuto aperto da un piatto vuoto al rovescio, presto si alzerà e si avventurerà nell'abbacinante sole italiano con lo stomaco pieno e la testa appesantita dal vino rosso, verso la sua vita segreta.
Roger Glover
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