3 nov 2010
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Un’opinione poco ortodossa - di Piero Vallenzasca Consigliere Comunale di opposizione gruppo lista Insieme!
La proposta questa volta è addirittura tripartisan, anche se due delle tre parti, a livello nazionale, ci hanno o ci avevano raccontato dello scioglimento delle province. Non stupiamoci; in tempo di escort e minorenni da palazzo, questo non deve far notizia, è solo il segno di una confusione. La proposta di legge regionale vorrebbe interpretare le esigenze di un territorio che, in quanto
prevalentemente montano, lo si ritiene meritevole di una particolare tutela amministrativa, conferendogli poteri di autogoverno quasi speciali. Questo richiamo alla particolarità dei territori ha assunto, da un certo tempo, una connotazione abbastanza forte nella, per così dire, ideazione politica. L’abusato termine: “I nostri territori”, che entra a gamba tesa, almeno tre volte in ogni comma del discorso politico, ne è un sintomo. Sembra evocativo di ogni soluzione a qualsiasi problema, salvo non rischiare di essere esso stesso un problema o il problema. Ora per il VCO si invoca la specificità montana; perché forse, per rimanere nella Regione, Torino Provincia non ha un territorio montano in assoluto più vasto di tutto il VCO ? E la Provincia di Cuneo dove la mettiamo ? E poi ci sono le particolarità territoriali che meritano tutto il rispetto e allora dove lo mettiamo il Monferrato, piuttosto che il Monregalese, e perché dimenticare l’alta Langa piuttosto che non il Roero ed poi il Canavese e potremmo proseguire.
E’ facile vedere che per ogni situazione si potrebbe trovare la propria specificità ed ecco allora che si “spiegano” le tante proposte istitutive di Province che giacciono o giacevano in Parlamento, ma di questo passo è anche facile capire che non si va da nessuna parte, o meglio non ci sono i soldi per andarci. La maggior autonomia, nel caso amministrativa, se non è accompagnata da una forte capacità di governo e di gestione delle deleghe che si chiedono , rischia l’effetto, non di promuovere un territorio, ma di autoescluderlo. Mutando il piano di analisi e passando ad un livello a noi più vicino, vorremmo ricordare alcuni fallimenti della politica locale. I veti incrociati provenienti da un territorio fortemente polarizzato al suo interno ( Verbano- Cusio-Ossola), hanno dettato il fallimento del progetto di sanità ospedaliera fondato sul modello di ospedale unico, emarginando oggettivamente la sanità locale rispetto alla domanda sanitaria acuta di alto livello.
I governi Provinciali, succedutesi nei vari passaggi di mandato, non sono stati in grado dare al territorio un suo definito assetto attraverso il piano di governo dello stesso, ma ogni governo ci ha messo mano e il piano lo ha fatto, rifatto e pagato almeno tre volte. Ora siamo alla quarta. Non si inventa una capacità di governo, così come non si inventa una capacità di gestione della cosa pubblica, ma entrambe le capacità sono il frutto, pur a diversi livelli, del reclutamento di classi dirigenti e di una loro lenta formazione. Emblematico al riguardo è il caso di almeno una, la più ampia, delle tre nuove Comunità Montane figlie della riforma recente. Essa rischia, insieme alla riforma, l’ implosione per non aver manco approvato gli atti fondamentali. Una crisi di capacità di governo che non riesce ad esprimere scelte condivise rispetto a quelle ereditate da quattro governi di cui ne ha preso il posto; una crisi di gestione collegata alla carenza di professionalità che non si dimostrano in condizioni di supportare il governo nel momento di un passaggio tecnicamente anche complesso, ma non complicato.
Casi ed esempi che devono fare riflettere nel momento in cui si rivendica una autonomia che si potrebbe dimostrare, nei fatti, essere incapaci a governare e gestire. La torta ingolosisce e i 15.000.000,00 di Euro, che la proposta di legge annualmente promette, oltre ai proventi direttamente attribuiti e provenienti da altre fonti, sembrano una premessa non per un irrobustimento dell’Ente Provincia, ma per un suo ingrossamento o meglio per un suo ingrassamento ed è facile immaginare come il primo effetto sarà una crescita della spesa di personale, non certo seguita da un’ altrettanto pari incremento della capacità di produttività pubblica della struttura. Infine, una Provincia vicina al suo territorio con ampie deleghe, anche in materia di contribuzioni pubbliche a settori ed imprese e con ampi poteri amministrativi di autorizzazione a progetti di investimenti, sarà un’ altra pericolosa tentazione che porrà la politica e l’amministrazione pubblica in generale, troppo prossima alle “centraline” del potere economico locale, con i rischi che il costume Italico conosce, laddove troppe volte il governante diventa il governato.
L’argomento è stato trattato dai Consigli Comunali di tutta la Provincia e i contrari all’autonomia o gli astenuti, come l’autore dell’opinione, si sono contati su una mano.
La proposta questa volta è addirittura tripartisan, anche se due delle tre parti, a livello nazionale, ci hanno o ci avevano raccontato dello scioglimento delle province. Non stupiamoci; in tempo di escort e minorenni da palazzo, questo non deve far notizia, è solo il segno di una confusione. La proposta di legge regionale vorrebbe interpretare le esigenze di un territorio che, in quanto
prevalentemente montano, lo si ritiene meritevole di una particolare tutela amministrativa, conferendogli poteri di autogoverno quasi speciali. Questo richiamo alla particolarità dei territori ha assunto, da un certo tempo, una connotazione abbastanza forte nella, per così dire, ideazione politica. L’abusato termine: “I nostri territori”, che entra a gamba tesa, almeno tre volte in ogni comma del discorso politico, ne è un sintomo. Sembra evocativo di ogni soluzione a qualsiasi problema, salvo non rischiare di essere esso stesso un problema o il problema. Ora per il VCO si invoca la specificità montana; perché forse, per rimanere nella Regione, Torino Provincia non ha un territorio montano in assoluto più vasto di tutto il VCO ? E la Provincia di Cuneo dove la mettiamo ? E poi ci sono le particolarità territoriali che meritano tutto il rispetto e allora dove lo mettiamo il Monferrato, piuttosto che il Monregalese, e perché dimenticare l’alta Langa piuttosto che non il Roero ed poi il Canavese e potremmo proseguire.
E’ facile vedere che per ogni situazione si potrebbe trovare la propria specificità ed ecco allora che si “spiegano” le tante proposte istitutive di Province che giacciono o giacevano in Parlamento, ma di questo passo è anche facile capire che non si va da nessuna parte, o meglio non ci sono i soldi per andarci. La maggior autonomia, nel caso amministrativa, se non è accompagnata da una forte capacità di governo e di gestione delle deleghe che si chiedono , rischia l’effetto, non di promuovere un territorio, ma di autoescluderlo. Mutando il piano di analisi e passando ad un livello a noi più vicino, vorremmo ricordare alcuni fallimenti della politica locale. I veti incrociati provenienti da un territorio fortemente polarizzato al suo interno ( Verbano- Cusio-Ossola), hanno dettato il fallimento del progetto di sanità ospedaliera fondato sul modello di ospedale unico, emarginando oggettivamente la sanità locale rispetto alla domanda sanitaria acuta di alto livello.
I governi Provinciali, succedutesi nei vari passaggi di mandato, non sono stati in grado dare al territorio un suo definito assetto attraverso il piano di governo dello stesso, ma ogni governo ci ha messo mano e il piano lo ha fatto, rifatto e pagato almeno tre volte. Ora siamo alla quarta. Non si inventa una capacità di governo, così come non si inventa una capacità di gestione della cosa pubblica, ma entrambe le capacità sono il frutto, pur a diversi livelli, del reclutamento di classi dirigenti e di una loro lenta formazione. Emblematico al riguardo è il caso di almeno una, la più ampia, delle tre nuove Comunità Montane figlie della riforma recente. Essa rischia, insieme alla riforma, l’ implosione per non aver manco approvato gli atti fondamentali. Una crisi di capacità di governo che non riesce ad esprimere scelte condivise rispetto a quelle ereditate da quattro governi di cui ne ha preso il posto; una crisi di gestione collegata alla carenza di professionalità che non si dimostrano in condizioni di supportare il governo nel momento di un passaggio tecnicamente anche complesso, ma non complicato.
Casi ed esempi che devono fare riflettere nel momento in cui si rivendica una autonomia che si potrebbe dimostrare, nei fatti, essere incapaci a governare e gestire. La torta ingolosisce e i 15.000.000,00 di Euro, che la proposta di legge annualmente promette, oltre ai proventi direttamente attribuiti e provenienti da altre fonti, sembrano una premessa non per un irrobustimento dell’Ente Provincia, ma per un suo ingrossamento o meglio per un suo ingrassamento ed è facile immaginare come il primo effetto sarà una crescita della spesa di personale, non certo seguita da un’ altrettanto pari incremento della capacità di produttività pubblica della struttura. Infine, una Provincia vicina al suo territorio con ampie deleghe, anche in materia di contribuzioni pubbliche a settori ed imprese e con ampi poteri amministrativi di autorizzazione a progetti di investimenti, sarà un’ altra pericolosa tentazione che porrà la politica e l’amministrazione pubblica in generale, troppo prossima alle “centraline” del potere economico locale, con i rischi che il costume Italico conosce, laddove troppe volte il governante diventa il governato.
L’argomento è stato trattato dai Consigli Comunali di tutta la Provincia e i contrari all’autonomia o gli astenuti, come l’autore dell’opinione, si sono contati su una mano.
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