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11 apr 2010

Il Piemonte low cost alla soglia degli 8 euro

Si gioca tutto nel bicchiere il Piemonte che cerca di «addomesticare» la crisi dei consumi. Non è solo una metafora, quella del bicchiere. Ma qui al Vinitaly, dove la strategia «low cost» sembra essere la parola d’ordine, i 600 produttori piemontesi guardano con un occhio alla qualità e l’altro al prezzo, mettendo in campo nuove modalità e fantasia. Non è facile bilanciare l’eccellenza del prodotto con il contenimento dei costi, arrivando sugli scaffali e nei ristoranti con proposte accettabili. Qualcuno ci prova. Piccoli e
grandi aziende, partendo dal presupposto che il 97% del mercato mondiale si colloca al di sotto dei 10 dollari a bottiglia, ovvero tra i sette e gli otto euro.«Non si deve perdere di vista questo riferimento - dice Giovanni Minetti, direttore generale di Fontanafredda. - Il consumatore è molto più attento e non possiamo permetterci il lusso di perderlo. Mettere insieme qualità e prezzo, questa è la sfida. E noi ci proviamo con proposte diversificate, ad esempio stringendo alleanze con i ristoratori, per servire il Barolo a bicchiere, costo cinque euro. In questo modo non si perde il mercato e neppure l’immagine. E poi bottiglie mirate, anche da mezzo litro, con un sorpresa nelllle iltime settimane il posto dove abbiamo venduto più Barolo è la Calabria».
Matteo Bosco, presidente della Cantina cooperativa «Terre del Barolo»: «Che cosa fare? Cerchiamo innanzittutto di promuovere il prodotto, con un leggero ribasso di prezzo, perché non si può svilire le annate precedenti. Ma proponiamo anche incentivi: bicchieri da degustazione in omaggio a chi acquista una bottiglia».
Il Piemonte che non si arrende e guarda con fiducia il fiume della crisi, sa stupire anche con l’entusiasmo che al Vinitaly è declinato in molte forme, dagli incontri con i buyer alle iniziative singole. Oscar Bosio è un piccolo produttore di Santo Stefano Belbo che ha dato una svolta alla sua azienda di 18 ettari. Con l’enologo Dante Scaglione ha dato vita a due nuovi prodotti, l’«Aivè», Moscato secco che prende il nome dal vigneto e il Moscato chinato (duemila bottiglie), un infuso di vino base con 42 erbe.
Massimo Rattalino, imprenditore edile di Torino, ha lasciato la città per trasferirsi a Barbaresco e ha cambiato attività: qui produce barberesco con etichette contrassegnate da numeri che si riferiscono ai mappali dei terreni acquistati. Storie di innovazione e coraggio che fanno bene sperare.
(Di Gianfranco Quaglia su La Stampa)

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